Rock and the city – Prima parte

Da anni ho scelto di vivere a Bologna.
Uno dei motivi per cui l’ho scelta è anche per “la musica che ci gira intorno”, per dirla alla Fossati.
Mi ricordo i viaggi fatti in gioventù per venire a vedere qualche concerto che, cascasse il mondo, in veneto non avrebbe mai fatto tappa.

Molti non lo sanno ma Bologna è stata dichiarata dall’Unesco “Città creativa della musica”, prima in Italia e seconda in Europa dopo Siviglia.
La città è stata scelta anche per l’impegno a promuovere la musica come mezzo di sviluppo economico e di inclusione sociale e culturale.

La musica in città è molta e non è per niente nascosta, anzi è proprio l’aspetto dell'”inclusione sociale” che alimenta  il mito di Bologna.

Qualche settimana fa leggevo un post sulla situazione musicale a Milano e mi aveva colpito il passaggio: “La vivacità della “scena” milanese è limitata a pochi martiri dell’underground (e a poche elites illuminate di salotti più o meno chiusi), costantemente tenuti sotto terra da un panorama mainstream monocolore, che propaganda all’infinito soltanto l’immagine di se stesso.”

Bologna invece è riuscita a non farsi snaturare dai grossi eventi, dai media, dai soldi, dalle mode ed è ancora rimasta la bohémienne che negli anni ’70 con Radio Alice – una delle prime radio libere – cercava di “dare voce a chi non ha voce”. Bologna rimane “quella del DAMS e delle tendenze alternative”.

Certo per la vivacità del suo pubblico giovane ha fatto gola anche ai “grandi” e infatti MTV ha lanciato le prime edizioni degli MTV Days, dal 1998 al 2006, proprio da Bologna. Ma a Bologna la musica ha sempre un preteso un ruolo da protagonista assoluta e mai da comprimaria. E così quando MTV si è trasformata in un mezzo più generalista – e non più con vocazione esclusivamente musicale – ha preferito altre location.

Francesco Locane, autore e conduttore del programma Maps di Radio Città del Capo, dice: “L’uso della città per gli MTV Days credo sia stato motivato anche dalla posizione centrale di Bologna: considerando che il pubblico di quella manifestazione si spostava per lo più in treno ed era del centro-nord, non poteva esserci luogo migliore.”

La musica a Bologna per fortuna non è mai stata svenduta come “arredamento di eventi”, non è solo un lungo dj set stantio che accompagna la settimana della moda, del mobile o di qualsiasi altra diavoleria.

A Bologna c’è tutta la filiera di cui la musica ha bisogno per valorizzarsi: proprio come succede a qualsiasi prodotto DOC tipico di qualche zona.

Ci sono le band storiche – come i Massimo Volume o i Mariposa e le nuove leve indie: lo Stato Sociale, Ofeliadorme, Ohtheladystone, My Awesome Mixtape, Settlefish, Mimes of Wine.
Ci sono le case discografiche: Trovarobato, Garrincha, Unhip Record, Irma record.
Ci sono le radio locali che passano i pezzi e i live delle band bolognesi: Radio Città del Capo, Radio Kairos o Radio Fujiko.
Ci sono i locali storici – come il Covo o l’Estragon – e soluzioni più nuove come il Locomotiv o Arteria.
Ci sono i festival estivi: Bolognetti On The Rocks, BOtaniqueSquote Rosa.
Oltre a sale prove, studi di registrazione professionali, blog tematici, fotografi specializzati in concerti.

Ho provato a confrontarmi con qualcuno di loro sulla situazione attuale della musica a Bologna.

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Genova è stata spesso definita come “la scuola dei cantautori”, perché molti artisti che ci lavoravano proponevano canzoni molto influenzate da Charles Aznavour, Jacques Brel, George Brassens, Bob Dylan, Leonard Cohen. Firenze per un decennio è stata “la casa della new-wave” italiana con gli esordi di Diaframma e Litfiba. Catania è stata definita “la Seattle del sud”, con l’etichetta Cyclope Records che raggruppava le varie anime musicali della città. Se dovessi definire la scena bolognese, come lo faresti?

Francesco Locane – Maps – Radio Città del Capo: “Forse non esiste una vera e propria “scena bolognese”, non ora quanto meno. Ogni “epoca musicale” della città è stata però sempre all’avanguardia. Pensiamo alla Harpo’s Baazar e alla scena demenziale negli anni ’70, alla fine di quel decennio e agli esperimenti no-wave e post punk della Italian Records, e poi all’hip-hop della fine degli anni ’80 e primi ’90, in contemporanea alle sperimentazioni del Link. Tanto per nominare alcuni dei fenomeni musicali nati in questa città. Una città che ha sempre sentito l’influenza del flusso di studenti, persone che arrivavano a Bologna e a Bologna (anche solo per questioni anagrafiche) si formavano. Ora i gruppi cittadini, dagli Ofeliadorme ai Mariposa, dagli A Classic Education a Lo Stato Sociale, sono molto molto diversi l’uno dall’altro. Hanno in comune un circuito musicale cittadino che, come accade spesso, è di fatto formato da un numero ovviamente limitato di persone. Dico ovviamente perché Bologna non è una metropoli.”

Michele –  Ofeliadorme: “La Manchester della bassa”.

Ti sembra che a Bologna la musica abbia sempre preteso un ruolo da protagonista assoluta e mai da comprimaria?

Francesco Locane – Maps – Radio Città del Capo: “Non so bene cosa dire sul “pretendere”, ma di certo la musica a Bologna è sempre stata un’arte coltivata, come il cinema, a differenza di altri ambiti come quello della fotografia o dell’arte contemporanea.

Michele, Ofeliadorme: “Bologna è stata anche la “città del jazz” ospitando tutti i suoi più grandi nomi, da Bologna sono usciti moltissimi cantautori ed ha sempre fatto da “base” per moltissimi musicisti e band per via della sua posizione geografica, l’università ecc… Il ruolo da protagonista lo ha sempre più o meno avuto senza pretenderlo secondo me.”

Bologna è una città molto connessa. C’è una rete di locali dove suonare musica dal vivo molto vasta e anche mediamente collaborativa. Ma c’è anche una rete di “divulgatori”, di “promotori”, di “supporter-digitali”, di “fotografi”. Credi che oltre che per gli artisti la scena bolognese sia nata e sviluppi anche per il pubblico che ci abita?

Francesco Locane – Maps – Radio Città del Capo: Se vogliamo usare il termine “scena”, va definito: e secondo me la sua definizione migliore è quella che assomiglia all’indotto di un’attività, o al suo concetto. Quindi la “scena” è composta da musicisti e promoter, locali e operatori dei media, da chiunque, insomma, abbia a che fare con quell’ambiente. Sarebbe interessante, invece, indagare il rapporto che questi soggetti hanno con il pubblico (fondamentale componente della “scena”), cioè quanto lo sfidino, quanto investano su di lui. D’altro canto ancora, sappiamo quanto il mondo culturale italiano tout court stia vivendo un momento di crisi, non solo economica.

Laura Loriga, Mimes of Wine: “Io penso di sì, che l’uno aiuti a connotare la forma dell’altro. Il fatto che ci sia dello scambio tra i diversi “agenti” della musica aiuta a creare novità e ad avere un’idea di quello che succede anche al di fuori delle proprie mura. una conseguenza, almeno negli anni in cui sono stata a Bologna di più (la prima metà dei 2000) e’ stato un livello alto delle proposte, e variegato.
In questo periodo in cui le cose sono più dure nella mia città, e un po’ più chiuse di allora, e’ però ancora anche da questo scambio di realtà che si trova l’energia per non limitarsi e proporre, come musicisti singoli e come comunità.

Francesca, Ofeliadorme: “Anche secondo me, io non sono bolognese perciò mi viene naturale fare un confronto con altre realtà in cui ho vissuto. A Bologna gira tanta gente interessata alla musica ma non solo. C’è gente curiosa e spesso accade che diverse forme di espressione artistica si compenetrino.”

 

La canzone che mi piace ora
Sigur Rós – Kveikur
Si può rinnovarsi senza perdere la propria identità? Si, secondo i Sigur Ros.
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L’arte è fatta per essere distrutta.
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Qualche giorno prima della morte di Jason Molina, il gruppo bolognese aveva registrato questa intensa cover.
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Matteo Lion

  • Date: 26 06 2013
  • Filed under: Matteo Lion, Suoni