Un inaspettato sussulto di passione

Il 20 Settembre uscirà, per la prestigiosa casa discografica Deutsche Grammophon, il nuovo lavoro della cantautrice americana Tori Amos, intitolato “Night of Hunters” >>>.

Tori Amos negli anni ’90 ha prodotto dei dischi che, fin dal suo esordio, l’hanno elevata al ruolo di dea della musica e l’hanno trasformata in un artista seminale per una schiera di cantautrici intime ma al tempo stesso provocatorie. Per intenderci, se dovessi portare un solo disco in un isola deserta il sottoscritto sceglierebbe “Boys for Pele”, il disco del 1996 della Amos.

Dal 2003 la sua produzione è stata via vai sempre più deludente allontanandosi progressivamente dall’idea di cantautrice/pianista e celando un evidente mancanza di ispirazione musicale nascondendosi dietro a parrucche, botox, vestiti vistosi e alter ego immaginari.

Ecco perché “Night of Hunters” rappresenta un inaspettato sussulto di passione in una carriera che si dava ormai definitivamente alla deriva di un pop-rock totalmente privo di interesse e personalità.

Certo, anche questo disco non ci regala la disarmante forza emotiva e autobiografica dei suoi primi lavori. Tori Amos anche stavolta si diverte a nascondersi, proprio come aveva fatto impersonando le 5 eroine immaginarie di “American Doll Posse”. Stavolta il paravento, la maschera, l’elemento “altro” diverso da se stessa sono delle composizioni di musica classica.

Infatti ogni canzone parte dalla variazione di composizioni classiche, da Debussy a Chopin. Da questi accenni, Tori ha costruito un labirinto musicale, pieno di rimandi, di giochi di specchi, incastri personali e citazioni musicali. Tori Amos fa sue queste melodie a volte rallentandole, a volte enfatizzandone certi passaggi, fino ad alterandone la struttura compositiva.

E questo gioco deve averla divertita e ispirata molto di più, rispetto alle più semplice mascherate degli ultimi anni, giovando al risultato finale che è un personalissimo mondo sonoro di estremo fascino.

Da anni ormai la sua musica si era arenata in una formula che prevedeva, oltre alle sue amate tastiere, basso e batteria (quando andava bene) o inutili e invadenti chitarre elettriche, suonate in modo mediocre dal marito.

Stavolta il grosso elemento di novità è l’accompagnamento orchestrale e gli arrangiamenti sofisticati ma leggeri. E’ come se il confronto con i grandi classici abbia un po’ ridimensionato il suo proverbiale ego e l’abbia spinta a tirare fuori un po’ di umiltà. Pur rimanendo il piano il tratto distintivo della sua produzione musicale, stavolta la Amos si limita a suonare esclusivamente il suo amato Bösendorfer e non altre mille tastiere contemporaneamente (clavicembali, harpsichord ed organi) come una moderna dea Kali. Stavolta ha concesso spazio a ben altro oltre alla “sua” musica: archi (che tra l’altro porterà in tour), oboe, clarinetti, fiati etc. E per chi conosce la sua discografia, il risultato finale è davvero “nuovo”.

E’ buffo pensare che proprio lei, giovanissima allieva del conservatorio di Baltimora, ne sia stata espulsa proprio per il suo rifiuto a studiare solo i classici e non l’amata musica rock in voga, dai Led Zeppling ai Doors. “Eseguiva alla perfezione le sonate di Beethoven, ma poi si stancava e attaccava le sue canzoni rock; così chiamavo i miei figli ad ascoltarla: rimanevamo tutti estasiati”, ricorda Pat Springer, suo maestro di pianoforte dopo il conservatorio.
E’ ancora lei. Come lo era a 14 anni.
Questo disco rappresenta, a distanza di trent’anni, il compromesso a questa sua personalità così complessa. E’ come se la maturità abbia giovato a stemperare i contrasti di un carattere e di un genio musicale poco convenzionale.

Il disco racconta la storia di una donna che dopo la fine di una relazione, deve cercare le risorse interne per reinventarsi e riorganizzare la propria vita come soggetto unico e non parte di una coppia. Il tutto raccontato in modo metaforico, criptico e sbilenco tipico dei testi della Amos. Inoltre, come in una sorta di musical, ci sono altri personaggi che narrano la storia, cantando in alcuni brani del disco. E qui c’è forse la nota dolente di “Night of Hunters”. Non si tratta di duetti con altri professionisti. Ma Tori fa cantare la figlia e nipoti, indugiando troppo nel “effetto-Nikka-Costa”. Ovviamente l’altro punto dolente è la copertina del disco, su cui è meglio stendere una trapunta imbottita (altro che un velo pietoso).

A questo punto mi sento vivamente di consigliare una delle due prossime date in Italia: il 7 ottobre a Milano, teatro degli Arcimboldi e l’8 ottobre a Roma, Auditorium Parco della Musica.

Per avere un idea del disco:

“Carry” >>>
Ispirata da The Girl with the Flaxen Hair (from Preludes I) di Claude Debussy >>>

“Fearlessness” >>>
Ispirata da Orientale (from 12 Spanish Dances) di Enrique Granados >>>

“Battle of trees” >>>
Ispirata da Gnossienne no. 1 di Erik Satie >>>

 

Il video che mi piace ora
Fanfarlo – “Replicate”
Un video semplice ma d’impatto anticipa il nuovo disco in arrivo.
[ERRORE: Impossibile elaborare l'URL, controlla che il formato YouTube sia corretto]

La canzone che mi piace ora
Lana Del Rey – “Blue Jeans”
La ragazza continua a generare hype e curiosità. Il nuovo pezzo la congela nel suo mondo musicale retrò.
Immagine anteprima YouTube

La cover che mi piace ora
La Fèline – “Running Up That Hill”
E’ bastato l’annuncio che a Novembre uscirà “50 words for snow”, il nuovo disco di Kate Bush, per farci venire voglia di ascoltare qualche cover di un suo pezzo.

Matteo Lion

  • Date: 19 09 2011
  • Filed under: Matteo Lion, Suoni