Il tempo è un bastardo – Jennifer Egan

Questo libro ha tanti pregi ha tanti pregi.

Innanzitutto è un romanzo ambizioso, che si prende i suoi rischi e osa, sia a livello linguistico sia di struttura.
In 13 capitoli, in un continuo salto temporale dagli anni 70 al 2020, si raccontano le storie di Brian Salazar, discografico di successo e della sua assistente Sasha: attorno a loro si muovono splendidi comprimari che intrecciano le loro vite come in puzzle.

E’ il tempo qui a farla da padrone, e mai come in questo romanzo si sente il bisogno di scomodare le Parche mitologiche che presiedono al destino dell’uomo, il filare il filo della vita, l’assegnazione ad ognuno di un destino e infine il taglio definitivo che termina la vita.
Ogni capitolo ha una sua forma stilistica che lo differenzia dagli altri. Su tutti rimane impresso l’omaggio a D. F. Wallace con la ricostruzione di un tentato stupro scritta in forma di memoria con tutte le digressioni, le note, gli incisi, la mancanza di punteggiatura, care al “nostro”; oppure un intero capitolo raccontato in stile Power Point, o il finale nel quale si fa più evidente l’omaggio al maestro per eccellenza della narrazione del tempo e della memoria, Marcel Proust, in un’esplosione di memoria involontaria, come nelle ultime pagine del “Tempo Ritrovato”.

L’ineluttabilità del passare del tempo scandisce tutta l’opera; e risultano essere solo palliativi le droghe psichedeliche degli anni 70 o la massificazione e omologazione dettata dai social network e smart phone nel futuro (???) prossimo venturo.
L’uomo è solo davanti ai fatti grandi o piccoli che lo circondano, e che scandiscono le fasi della vita, dalla nascita alla morte.
Gli eventi passati, riemergono nei momenti meno attesi, come una virtuale “madeliene”che fa scatenare la memoria involontaria, a ricordarci che cosa siamo stati e saremo.

Alberto Guizzardi

  • Date: 23 04 2012
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