Matrimonio: solitudine per due?

Siamo nel bel mezzo di un periodo di forti polemiche per il dibattito parlamentare della legge sulle Unioni Civili, l’ormai famosissimo ddl “Cirinnà”. La questione non mi ha mai appassionato molto.
Non è che non pensi sia sacrosanto che due persone, anche dello stesso sesso, debbano avere il diritto di sposarsi. Ci mancherebbe altro.
Ma secondo me “sposarsi” è un errore (giusto per semplificare brutalmente il concetto). Ed ecco perché la questione l’ho sempre snobbata con sufficienza.
Ho poca fiducia nei concetti come “coppia”, “unione” e “matrimonio”. Devo anche ammettere, vergognandomene un pochino, che provo dei pregiudizi nei confronti delle persone “accoppiate”.
Nella mia testa tenderei ad archiviarli nella cartella “naïf”, persone con una semplicità e candore per me incomprensibili.
Probabilmente questa disillusione nei confronti dell’idea di coppia nasce da situazioni famigliari vissute e personali maldestri tentativi fatti in passato.
Oltre a tutto l’armamentario di delusioni, scelte sbagliate e rimpianti che probabilmente ognuno di noi ha collezionato.

Mi sono chiesto: se l’idea negativa nei confronti del matrimonio non dipendesse anche dalle canzoni che ho ascoltato e amato?
Il mio migliore amico Paolo in modo sarcastico commenta sempre i miei post su Facebook invitandomi a “cambiare musica”, per lui – oltre che inascoltabile – responsabile delle mie tristezze.
Se avessi amato ballare le canzone di Kylie Minogue ora sarei in piazza a manifestare per la nuova legge? Onestamente, non credo.
Però questa settimana mi sono divertito a fare una particolare attenzione alle (poche) canzoni che parlano di coppia o matrimonio che il mio i-pod in modalità random mi propinava mentre mi allenavo in palestra.

In effetti la prima che noto è una canzone di Keaton Henson intitolata “Oliver Dalston Browning“.
Racconta la storia di questo buon uomo, Oliver Dalston Browning appunto, che ha una promessa sposa che ama.
Lei però piange e gli dice “Caro Ollie, ti prego, lasciami sola”.

Eh si, perché raramente il matrimonio è l’unione armoniosa di due individui che si trovano nella stessa condizione di cuore.
Molti divorzi nascono di un’incomprensione. Probabilmente la stessa incomprensione per la quale ci si era sposati. E la canzone ci ricorda che nel matrimonio, esitare significa a volte salvarsi.
Meglio rompere una promessa di matrimonio che un servizio di piatti durante le prima lite dopo sposati. No?

Ma vado avanti. 

Arrivano gli Strokes con “Someday” e con l’arroganza delle giovinezza cantano: “Oh, dici di volermi stare vicina ma cara in testa hai qualcosa che non va. Vedi, da soli stiamo bene e insieme cadiamo a pezzi. Si, penso che starò bene”.
Prima del matrimonio bisogna tenere gli occhi aperti; dopo invece è necessario chiuderne uno. Altrimenti come diceva Zsa Zsa Gabor, il matrimonio è il primo passo verso il divorzio.

Poi mi colpisce la canzone “The Ideal Husband” tratta dall’ultimo disco (con il titolo più fastidiosamente sdolcinato dell’anno) di Father John Misty. Dopo aver fatto un lungo elenco di cose orribili fatte in passato, la canzone si chiude quando, di fronte all’amata, in modo sbrigativo dice: “Ho detto qualcosa di stupido tipo Sono stanco di scappare, mettiamo un neonato in forno! Non sarei il marito perfetto?”

Anche nella canzone When You’re Smiling and Astride Me” candidamente ammette: Quando sorridi e ti metti a cavalcioni su di me fatico a credere di averti trovata.
E la cosa mi terrorizza. Non ho niente da nascondere con te, come quando sogno di baciare mio fratello o trovo Dio solo sa cosa nei miei jeans. Mi vedi per quello che sono, è vero: il finto viandante senza direzione e il bambinone arrapato, il cocco di mamma da prendere a calci sul culo. È così che si vive in libertà, Così che davvero si vede e si deve essere visti.”

Verità senza abbellimenti romantici. In amore basta piacersi per le proprie attrattive e per le proprie bellezze; ma nel matrimonio, per essere felici, bisogna amarsi o per lo meno adattarsi ai rispettivi difetti. Mica facile, eh?

Infatti dopo qualche pezzo strumentale arriva St. Vincent e la sua “Marry Me“. “Oh John, avanti! faremo quello che le persone sposate fanno. Oh John, avanti! (Non mi interessa come sei veramente). Facciamo ciò che Maria e Giuseppe hanno fatto. (voglio sposarti) Senza il bambino (voglio sposarti). Quindi, sposami John! Sarò così buona con te che non ti renderai conto che me ne sono andata”.

E la canzone mi fa tornare alla mente una mia cara amica alla quale chiesi il giorno prima del suo matrimonio se fosse davvero convinta e lei mi rispose: “Devo! Altrimenti sarò troppo vecchia quando mi sposerò la seconda volta”. Per dieci minuti mi convinse.

“Il matrimonio è come una trappola di topi; quelli che son dentro vorrebbero uscire, e gli altri ci girano intorno per entrarci” ha scritto Giovanni Verga.

Insomma a volte ho l’impressione che il matrimonio sia una di quelle cose che la gente ha cominciato a fare senza una vera convinzione, ma dal momento che lo fanno tutti si continua a portare avanti la tradizione. Come i fastidiosi risvoltini ai pantaloni per lasciare scoperta la caviglia o i colletti rialzati delle polo. 

Infatti dopo qualche altro pezzo arriva Tracey Thorn con “White Long Dress” e “Oh The Divorces” tratti da “Love And Its Opposite” il suo disco pieno di disillusione nei confronti dell’amore.
La responsabilità del matrimonio e il famoso abito bianco possono davvero spaventare guardando la quantità di divorzi e rotture che ci circondano? E giustamente Tracey si chiede “Chi sarà il prossimo?”.

Non è che forse ci si sposa troppo? Non trovate che ci siano troppe coppie? La coppia non può essere un pass part tout valido per tutti. È come se tutti volessero fare parte di una squadra di nuoto sincronizzato. Non sarebbe possibile. Perchè non tutti hanno il fisico adatto. Non tutti hanno il giusto coordinamento. E molto più semplicemente non tutti sanno stare a galla. Ma è come se la società macchinasse perchè tutti debbano buttarsi in piscina e almeno provare a fare due piroette. Male che vada, si divorzia.

“Probabilmente il divorzio ha all’incirca la stessa età del matrimonio. Credo però che il matrimonio abbia qualche settimana di più” diceva Voltaire.

E a dare il colpo di grazia, durante l’ultima seduta di addominali, arriva una cover del pezzo di Carly Simon “That ‘s The Way I Always Heard It Should Be“.

“Mio padre sta seduto la notte senza nessuna luce accesa
La sua sigaretta si illumina al buio.
Il soggiorno è immobile,
Io entro, nessun commento.
Vado in punta di piedi verso la camera da letto dove
Mia madre legge le sue riviste.
L’ho sentita augurarmi dolci sogni,
Ma ho dimenticato come sognare.
Dici che è ora di iniziare a vivere insieme
E crescere una famiglia nostra, tu e io
Beh, questo è il modo in cui ho sempre sentito dire che debba essere.
Vuoi sposarmi, ci sposeremo.
I miei amici del college sono tutti sposati ora;
Hanno le loro case e i loro giardini.
Hanno i loro silenziosi pomeriggi,
Le notti di pianto, le albe arrabbiate.
I loro figli li odiano per quello che non sono,
Loro si odiano per quello che sono
E bevono e ridono ugualmente:
Cicatrizzando la ferita, nascondendo la cicatrice.
Dici che possiamo mantenere vivo il nostro amore
Tesoro – tutto quello che so è quello che vedo-
Le coppie si aggrappano e si graffiano
E affogano nei detriti dell’amore.
Dici che noi potremmo volare come due uccelli attraverso le nuvole,
Ma presto mi metterai in una gabbia sullo scaffale
Non imparerò mai ad essere una che: “per prima ci sono io”
Sono me stessa.”

Un matrimonio finisce quando non si ha più niente da dire, o quando se ne ha ancora molto, ma se n’è persa la voglia.
Praticamente come allenarsi in palestra.
E infatti io ho perso la motivazione sia a finire il mio allenamento sia ad entusiasmarsi perché forse aumenteranno il numero delle persone che potranno, eventualmente, sposarsi. 

E forse ha ragione Paolo: dovrei mettere maggior varietà nelle mie play-list. 

Matteo Lion

  • Date: 19 01 2016
  • Filed under: Matteo Lion, Suoni