L’intenzione fa il donatore, non il dono.

La Federazione Industria Musicale Italiana (FIMI) ha pubblicato sul proprio sito i risultati del primo semestre 2012 del mercato discografico italiano. Come era prevedibile è registrata una crescita di download e streaming pari al 43%, per un fatturato che rappresenta un terzo del comparto musicale italiano. I download legali rappresentano il 61% dell’intero fatturato digitale.
Cresce con un +48% il download delle singole canzoni, che pare essere il vero motore e traino della discografia.
Questo incremento va bilanciato con quello che pare l’inevitabile declino del CD, che anche nei primi 6 mesi del 2012 ha visto un crollo di vendite pari a -23%.

Niente che non si sapesse già. Ma leggendo tra le righe di questi sterili dati io intravedo un’altra grande perdita: i dischi (o cd, o come diavolo volete chiamarli…) non si regalano più.

Io dall’alto dei miei 40 anni posso dire che un disco è stato per anni il “regalo-perfetto”. Non c’era festa di compleanno alle medie in cui non si regalasse quel 45 giri che poi avremmo suonato tutta l’estate successiva.
Tra i giovani innamorati due erano gli step per dire di essere davvero dentro ad una love story: farsi le foto insieme alle macchinette e regalarsi a vicenda il disco che raccontasse all’altro chi si è veramente.

E sono davvero convinto che in realtà ci sarebbe ancora molto senso a regalare della musica. La musica ha un potere unico, come una spugna è in grado di assorbire le emozioni che provi nel momento in cui l’ascolti. Anni dopo, riesce a farti vivere le stesse emozioni e a volte inconsapevolmente, ti ritrovi a piangere, sorridere, sentirti vivo grazie ad emozioni che hai provato in un passato lontano.

Ma è proprio qui il punto. Regalare musica è qualcosa di molto personale, di intimo. Ed è forse questo il motivo per cui non la si regala più.

Oriana Fallacci in un suo vecchio libro scriveva: “Non si regala l’anima a chi non è disposto a regalare la sua.” E infondo la musica ha perso la sua anima anche per il modo di fruirla. La si vede su youtube, la si posta su facebook, la si giudica con un “mi piace”. E’ normale che la musica snaturata in questo contesto finisca per perdere il suo impatto, i suoi contenuti, la sua forza catartica e invece si trasformi in un sottofondo per qualcos’altro.

Insomma sarà un caso che l’estate del mio primo bacio la canzone che si sentiva di più fosse “quella sua maglietta fina tanto stretta al punto che mi immaginavo tutto” e invece quest’estate sia stata in pugno del pulcino pio. Meno anima e più business.

La musica non la si regala più perché sembra di regalare qualcosa che la persona ha già in ogni caso disponibile. Una volta la legge dei regali era: “Se le regali dei cioccolatini, è a dieta. Se le regali dei fiori, è allergica. Se le regali un disco, ce l’ha già”.  In tempo di internet è ovvio che di fatto siamo già proprietari virtuali di tutta la musica prodotta. E’ vero. Ma regalare un disco significa sceglierlo. Significa sceglierlo tra migliaia di dischi. Significa trovare un testo che ci rappresenti, una melodia che ci rispecchi. Significa comunicare qualcosa con un’altra lingua. Massimo D’Azeglio nel ‘800 ha scritto: “Non sarebbe la musica una lingua perduta, della quale abbiamo dimenticato il senso, e serbato soltanto l’armonia?”. Ed è proprio così, regalare un disco dovrebbe essere proprio qualcosa di più viscerale e meno legato al senso.

Se non ci credete riguardate la meravigliosa scena del film “La stanza del figlio” in cui un padre deve regalare un disco all’amico di suo figlio che è morto da poco tempo. E ditemi se ci poteva essere un regalo più indicato da fare a qualcuno con cui si ha condiviso la morte di una persona cara? Ditemi se qualsiasi altro regalo avrebbe avuto la stessa forza chiarificatrice sull’ineluttabilità del destino come lo fa la canzone di Brian Eno che comincia con: “Siamo qui ipnotizzati da questo fiume tu ed io sotto un cielo che continua a cadere, cadere giù. Dopo aver attraversato il giorno come se fossimo in un oceano stiamo aspettando qui sempre senza riuscire a ricordare perché siamo venuti”?

L’ultimo vinile che ho ricevuto in regalo è il singolo “Thank You For Your Love” degli Antony and The Johnsons.
L’ho ricevuto dalla persona con cui avevo condiviso una relazione per due anni e che era finita tra litigi e ripicche degne della guerra dei Roses. Mi è stato regalato l’anno successivo per il compleanno.
E quel disco campeggia ancora in bella vista, nella mia libreria in salotto, come un trofeo di guerra, come un memento, come un simbolo.

 

La canzone che mi piace ora
David Byrne St. Vincent – Who
Quando un signore attempato e una ragazza carina e di bella speranze danno vita ad un bunga-bunga che non ti aspetti.
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Il video che mi piace ora
Amanda Palmer – Want it back
La donna, dice la Bibbia, è l’ultima cosa che Dio ha fatto. Deve averla fatta il sabato sera quando era un pò brillo, almeno a giudicare da sto nuovo meraviglioso video de sta matta vera di Amanda Palmer.
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La cover che mi piace ora
Patrick Wolf – Born to die (Lana Del Rey cover)
In attesa del disco acustico e delle date italiane in ottobre (Roma, Ravenna e Mestre) durante un set alla BBC ci ha dato un anticipazione del nuovo tour nel quale alternerà sul palco pianoforte, arpa celtica, dulcimer e altre diavolerie.
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Matteo Lion

  • Date: 18 09 2012
  • Filed under: Matteo Lion, Suoni